Sapete, ho un rapporto conflittuale con il mio giudizio su Alessandro Baricco.
I suoi libri mi piacciono, scrive bene e bisogna dargliene atto. Ma cos'ha che non va allora? Bene, è dappertutto è, come molti personaggi della cultura attuale, una "personalità invasiva".
Lo si trova oltre che sui libri nei quotidiani, in televisione, alla radio, in teatro e da questi luoghi ci parla di letteratura, scrittura, musica e quant'altro.
Ecco, questo non mi piace. Io sono ancora abituato a scrittori di cui leggo libri e magari qualche articolo sulla stampa. Di pochi di loro conosco il volto se non per esserci incappato in un qualche trattato di storia della letteratura, su internet o, per i piu' moderni, in qualche risvolto di copertina. Per la gran parte di autori di cui ho letto, che sono sempre pochissimi ahimè, non solo non potrei dire nulla della loro fisionomia, ma assolutamente nulla potrei dire del tono della loro voce, del loro modo di camminare o di gestire (le poche eccezioni sono legate a qualche filmato d'archivio della RAI o a interventi in video in pregevoli trasmissioni come "Per un pugno di Libri" trasmessa su RAI TRE).
Cosi' questo giudizio negativo, guardandomi attorno e facendo un po' di autocritica, ritengo sia un mio limite; un limite indotto dalla mancata sincronizzazione con i cambiamenti. Oggi le personalità rilevanti per la cultura sono molto presenti nei media, in tutti i media. Di loro si sa tutto o quasi. Si conoscono le loro opinioni sul Papa e su Totti. Qualcosa è cambitato e io non sono al passo con i tempi. Seppure non me la senta di dire che in assoluto questo nuovo stato delle cose sia meglio o peggio di quanto accadeva in passato, credo che quest'eccessiva visibilità rovini un po' la visione romantica dello scrittore e ci sottragga il piacere legato a quella sfumatura di mistero che poteva avvolgere la personalità dell'uomo/della donna che sta dietro al romanzo che abbiamo avuto tra le mani.
Alessandro Baricco è quindi uno scrittore nuovo, non nel senso di innovativo, ma uno scrittore dei nostri tempi. Una personalità culturale ben calata nel nostro tempo, uno che sa vendere i suoi libri e la sua immagine. Uso il verbo "vendere" senza alcun disprezzo; oggi il "sapersi vendere" è una qualità necessaria per sopravvivere in un mondo che mira all'abbattimento delle frontiere economico-culturali (?). Sapersi vendere fa parte del gioco che i nostri tempi ci
impongono di giocare. Ed è qui che nasce la mia dicotomia di giudizio: della sua modernità mi piace la scrittura, ma non trovo molto digeribile il suo modo di essere scrittore "mediatico".
Oggi pero' ho letto un
suo articolo pubblicato su La Repubblica e cosi' mi sono trovato in uno dei "giorni buoni" verso Baricco. Condivido quanto dice, soprattutto in difesa della "recessione" che investe il piacere della lettura a scapito di altri media piu' tecnologici, quella che lui ironicamente definisce
"... una nuova, sgradevole, discutibile idea di piacere letterario - è il virus che è già in circolo nel sistema sanguigno dei lettori, ..."
Una lenta pervasione che sta riportando alla lettura molti, restituendo cosi' al nostro paese un dono che decine di anni di arroccamento culturale da una parte e abrutimento dei mezzi di comunicazione dall'altra hanno tentato di farci dimenticare. E forse questo, bisogna ammetterlo, è anche merito di personalità mediatiche come Baricco.
Ma in quell'articolo, mi è piaciuto soprattutto un passaggio che è quello che mi ha spinto a scrivere questo post. A proposito del lavoro di scrittore Baricco dice: "Che il nostro mestiere è, innanzitutto, un fatto di passione, cieca, maleducata, aggressiva e vergognosa. Posa su una autostima delirante, e su un'incondizionata prevalenza del talento sulla ragionevolezza e sulle belle maniere. Se perdi quella prossimità al nocciolo sporco del tuo gesto, hai perso tutto. [...]. Scriverai solo cosette che non faranno male a nessuno."
Bene, quando scrive cosi' Baricco sa farsi apprezzare.
C.P.